Esplorazioni di nuove cavità sul M. Slebe

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Un giorno intensivo di ricerche tra ghiaioni e affioramenti calcarei ci ha permesso di esplorare e rilevare 3 cavità sul versante ovest del M. Slebe.

Una piccola squadra composta da due speleo, ha condotto una ricerca nella zona Resiana, tra la Baba Grande e il Monte Slebe, di due giorni.

17/09

La partenza è nel primo pomeriggio da Malga Coot. Un sentiero ci conduce fino al bivacco Manzano dove passiamo la notte come programmato. Nonostante il sentiero non presenti difficoltà particolari, arriviamo alla meta con un notevole ritardo sulla tabella di marcia causato dall’enorme mole di materiale da trasportare per  poter esplorare e rilevare le grotte che speriamo di trovare! Dopo aver mangiato qualcosa ci infiliamo nei sacchi a pelo.

18/09

La sveglia suona che fuori è ancora buio e dopo una veloce colazione e aver preparato gli zaini partiamo alla volta del Passo di Infrababa, larga sella tra il dente della Baba Grande e il Monte Slebe. Il percorso qui è molto ripido, roccette e tratti erbosi all’interno di un canalone. Dal passo volgiamo a nord e continuiamo a salire per l’Alta Via Resiana. Il sentiero inizia a diventare più difficoltoso, reso ancor più ardito dagli zaini pesanti. Per raggiungere la cima infatti, dobbiamo prima calarci lungo un passaggio esposto per raggiungere la base di un canalino che va risalito (I-II). Raggiunta la sommità dello  Slebe, ci caliamo nella forcella che separa dal Lasca Plagna con l’aiuto di una ferrata.La zona da esplorare è ora sotto di noi. Un piccolo catino che si apre tra i versati verticali. Iniziamo la discesa lungo il ghiaione. La prima grotta che troviamo ha un ingresso di notevoli dimensioni e già ci fa sperare. Ci prepariamo, entriamo ma dopo una trentina di metri di discesa in disarrampicata ci troviamo al di sopra di un tappo di neve. Scavare è inutile, perciò rileviamo e usciamo (SB  1). Continuando la discesa nel ghiaione intercettiamo, tra affioramenti calcarei un’ altro ingresso. Nonostante gli impegni profusi non riusciamo ad allargare a sufficienza l’ingresso per poter entrare a causa degli enormi massi incastrati. Decidiamo di continuare l’esplorazione del catino e ci dividiamo per poter controllare meglio e in meno tempo. Altri ingressi sono stati trovati, ma tutti con un nevaio alla base. Tra questi, una spaccatura lunga 20 metri larga 5 ci permette di scendere una quindicina di metri al di sopra di un tratto ghiacciato. L’unica prosecuzione visibile è un passaggio non molto agevole tra roccia e neve ghiacciata. Disceso questo pozzetto di una decina di metri, atterro su un restringimento, inutili i tentativi di scavo e scioglimento della neve per  tentare una prosecuzione. Non ci resta che rilevare e uscire (SB 2). Le ricerche in superficie continuano e poco distante troviamo uno sprofondamento circolare dalla profondità di 2 metri circa e dal diametro di 1 metro e mezzo. Da un piccolissimo passaggio riusciamo a far passare dei sassi. Il sassometro  rivela la presenza di un pozzo di una cinquantina di metri! Entusiasti iniziamo a scavare, ma i  massi sono troppo grossi per essere spostati. Un’altro passaggio sempre all’intero dello sprofondamento accede al pozzo sottostante ma anch’esso è troppo stretto per passare! Esasperati iniziamo a battere gli scarponi sul” fondo”. Qualcosa si muove. Che queste rocce, forse, siano solo incastrate e in realtà siamo sopra al pozzo principale? Iniziamo a disostruire, spostando all’esterno i sassi più piccoli e accatastando i più grossi. Non ci vuole molto per poter aprire un passaggio con il pozzo sottostante. Ancora non riusciamo a infilarci, dei massi bloccano il passaggio, probabilmente gli stessi che reggono il ripiano. Sempre facendo attenzione e con dei cordini riusciamo a sbloccare alcuni macigni e rendere agibile il passaggio. Usciamo per iniziare ad armare. Il trapano non ne vuole sapere, probabilmente il freddo gli ha segato le batterie. Optiamo per degli armi in naturale attorno a dei massi. Scende solo 1. È da fare un’armo all’interno del pozzo, sotto il passaggio appena aperto, ma senza trapano e con poca voglia di piantare uno spit, facciamo un rilievo dei primi metri e disarmiamo ( SB 3). Non ci resta che rifare gli zaini e riprendere il tragitto fatto in mattinata. Il ritorno è senza dubbio più difficoltoso, dato in passaggio sotto il M. Slebe in disarrampicata  (I-II). 3 ore e mezza e siamo alla macchina.